Sfide della twin transition per le imprese italiane

Studio Liuc-PwC: focus sulle competenze essenziali per imprese italiane tra sfide digitali e sostenibilità.

Competenze: sia la capacità di mantenere adeguate quelle esistenti, sia quella di svilupparne di nuove, sono elementi centrali per restare competitivi. Questo è il risultato principale di uno studio condotto da Fabula, il laboratorio sull’imprenditorialità familiare della Università Liuc di Castellanza, in collaborazione con PwC TLS Avvocati e Commercialisti. Il lavoro, che sarà pubblicato integralmente il prossimo anno, si concentra sulla cosiddetta twin transition, ossia l’integrazione tra la transizione digitale e quella ambientale, un passo cruciale per modernizzare i processi aziendali e favorire soluzioni sostenibili.

Le aziende italiane stanno affrontando sfide complesse, come i cambiamenti tecnologici, climatici e demografici, oltre agli effetti della pandemia e della guerra. Per far fronte a queste trasformazioni, lo sviluppo delle competenze è diventato imprescindibile, come sottolineato dalla Commissione Europea nell’istituzione dell’Anno europeo delle competenze.

La ricerca ha coinvolto 264 imprese italiane, di cui il 75% nel Nord Italia e il resto tra Centro, Sud e Isole. La maggioranza (61%) appartiene al settore manifatturiero e ben il 69% sono micro, piccole e medie imprese. La raccolta dati, basata su interviste a top manager, ha esplorato tre aree principali:

  • Competenze funzionali, legate al core business, come marketing e gestione finanziaria.
  • Competenze per la twin transition, necessarie per la trasformazione digitale e ambientale.
  • Competenze per governance e strategia.

Le competenze tradizionali, come quelle nel marketing, rimangono prioritarie rispetto a quelle legate alla twin transition. Tra le competenze digitali, la cybersecurity è considerata fondamentale, mentre sul fronte ambientale spicca il risparmio energetico.

Le aziende a proprietà familiare rappresentano i due terzi del campione e mostrano dinamiche interessanti. La presenza di un Cda anziché di un amministratore unico è correlata a una maggiore dotazione di competenze in settori come governance, strategia, digitalizzazione e tecnologie 4.0. Inoltre, la partecipazione di membri non familiari al Cda favorisce lo sviluppo di competenze diversificate, mentre la leadership delle generazioni successive aumenta l’attenzione verso competenze ambientali.

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