La spesa dei fondi strutturali 2021-2027 è ancora lontana dall’obiettivo, con il Pnrr che rallenta la gestione.
L’eredità più complessa che il nuovo ministro dovrà affrontare dopo Fitto è un effetto paradossale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). La difficoltà principale risiede nell’accelerare la spesa dei fondi strutturali del ciclo 2021-2027, che ha subito un rallentamento a causa della concentrazione della macchina amministrativa sul Pnrr, trascurando l’altro fronte fondamentale. Secondo i dati aggiornati al 31 agosto 2024, forniti dalla Ragioneria dello Stato, i pagamenti sui fondi strutturali sono fermi a solo il 2,8%, ossia 2,1 miliardi di euro su 75 miliardi totali (composti da Fesr, Fse, Just Transition Fund e Feampa). Questo dato non ha mostrato una marcata inversione di tendenza rispetto ai mesi precedenti, quando la percentuale era ancora più bassa, pari allo 0,9% ad aprile. Gli impegni sono invece aumentati, passando dal 9% al 12%, ma i risultati sono ancora lontani dall’obiettivo.
Questo scenario pone una sfida ardua per il successore di Fitto, che dovrà dedicarsi soprattutto a accelerare la spesa per la coesione. Tuttavia, il nuovo ministro dovrà anche affrontare le difficoltà persistenti relative alla gestione dei programmi finanziati con risorse nazionali del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC). Per quanto riguarda il vecchio ciclo di programmazione (2014-2020), la spesa è ancora sotto il 40%, con solo 33,3 miliardi su 84,4 spesi finora, nonostante un miglioramento nelle performance degli ultimi mesi.
Nel frattempo, il governo ha cercato di portare avanti la distribuzione delle risorse FSC per il nuovo ciclo di programmazione 2021-2027. In particolare, il governo ha siglato un Accordo per la Coesione con la Regione Puglia, che prevede l’utilizzo di 4,6 miliardi di euro per la regione, per finanziare 469 investimenti in vari settori, tra cui infrastrutture, ambiente, competitività delle imprese e salute.
Nel contempo, il Cipess ha approvato l’imputazione di 6,95 miliardi di FSC alle amministrazioni centrali e ha definanziato progetti in ritardo per un totale di 7 miliardi di euro dal Piano Sviluppo e Coesione. Di questi, solo 2,6 miliardi sono stati riassegnati al Ministero delle Infrastrutture per altri progetti, mentre il resto è stato rimesso a disposizione del Fondo. Questo processo dimostra le difficoltà e le sfide burocratiche nell’attuazione dei progetti finanziati, aggravate dall’inerzia dei progetti in ritardo.