Volkswagen affronta la crisi più grave in 87 anni

Tagli, chiusure e tensioni sindacali: il Gruppo Volkswagen alle prese con misure drastiche per restare competitivo.

Il Gruppo Volkswagen è in una crisi profonda, la peggiore della sua storia quasi centenaria. Durante un incontro con circa 20mila dipendenti a Wolfsburg, il CEO Oliver Blume ha delineato un futuro fatto di tagli e ristrutturazioni senza precedenti. Le sue parole hanno innescato un acceso dibattito e numerose proteste tra i lavoratori.

Blume ha confermato le misure drastiche già anticipate dall’azienda: chiusura di due o tre stabilimenti in Germania e riduzione del 10% degli stipendi per i circa 120mila dipendenti del Brand Group Core, che include marchi come Volkswagen, Skoda, Seat e Cupra. Questi interventi sono ritenuti necessari per competere in un mercato globale in rapida evoluzione, dominato dalla transizione verso l’auto elettrica e dalla crescente concorrenza, soprattutto cinese.

La situazione è particolarmente critica in Cina, un mercato che finora ha rappresentato circa un terzo dei profitti del gruppo. La quota di mercato di Volkswagen nel paese è scesa dal 19% al 14% negli ultimi cinque anni, e il gruppo si pone ora un obiettivo ambizioso ma ridimensionato: stabilizzarsi al 15%.

Blume ha anche evidenziato come i costi del lavoro in Germania siano troppo elevati rispetto alla concorrenza internazionale, scatenando fischi e proteste. Nonostante un tentativo di rassicurare i dipendenti, le sue dichiarazioni hanno trovato una platea scettica e diffidente.

Daniela Cavallo, leader del Consiglio di Fabbrica, ha escluso categoricamente licenziamenti e chiusure. Ha chiesto una maggiore equità nei sacrifici, includendo top management e azionisti, e avvertito che, senza compromessi, i sindacati potrebbero ricorrere a scioperi prolungati o a oltranza.

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