La Sardegna limita al 1% il territorio per le rinnovabili, puntando a conciliare transizione energetica e tutela ambientale.
La legge sulle aree idonee per le energie rinnovabili in Sardegna introduce una significativa limitazione, restringendo all’1% del territorio regionale lo spazio destinato agli impianti per la produzione di energia verde. Questo riguarda tecnologie come eolico, fotovoltaico, agrivoltaico, biomasse, geotermia e accumuli. La legge, approvata il 4 dicembre 2024, è intitolata “Misure urgenti per l’individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all’installazione e promozione di impianti a fonti di energia rinnovabile” e mira anche a semplificare le procedure autorizzative.
Un primo effetto della norma è l’eliminazione della moratoria di 18 mesi, che fino a ora bloccava i nuovi progetti di energia rinnovabile. Questo cambio intende accelerare il processo di transizione energetica, nonostante il settore nell’isola sia ancora fortemente dipendente da fonti fossili (oltre il 70% dell’energia prodotta) e caratterizzato da costi elevati.
La legge dedica ampio spazio alla classificazione delle zone idonee e non idonee. Ben 45 pagine degli allegati regolano le aree escluse dagli impianti, come parchi, aree protette, boschi, zone soggette a vincoli paesaggistici e culturali. Le zone idonee includono invece aree industriali dismesse, discariche con vincoli specifici, infrastrutture ferroviarie e portuali, e alcune porzioni di strade statali.
Gli impianti sono suddivisi in base alla potenza: piccola taglia (fino a 1 MW), media taglia (1-10 MW) e grande taglia (oltre 10 MW). Per l’eolico, i criteri si basano sull’altezza del mozzo, con impianti grandi che superano i 100 metri.
Gli impianti fotovoltaici sono consentiti sui tetti di edifici, pensiline e tettoie, purché rispettino i vincoli paesaggistici e urbanistici. Per l’agrivoltaico, gli impianti sotto i 10 MW sono permessi solo se realizzati da coltivatori diretti o imprenditori agricoli.
I Comuni possono proporre eccezioni per impianti nelle aree non idonee, cercando un’intesa con la Regione. Inoltre, nelle aree minerarie dismesse di proprietà regionale, i terreni possono essere trasferiti ai Comuni per progetti legati alle rinnovabili.
Ogni progetto dovrà essere accompagnato da una fideiussione per garantire interventi post-operativi, come la bonifica. Questa misura punta a evitare situazioni come quelle del passato nel settore minerario, dove mancavano obblighi di ripristino ambientale.