Il mercato dei mobili rallenta nel 2024, ma il 2025 promette una crescita globale del 1,4% trainata da Asia e Nord America.
Il mercato globale dei mobili sta attraversando un momento di rallentamento, una tendenza che riguarda non solo l’Europa ma anche altre aree geografiche. Secondo il World Furniture Outlook di Csil, il valore complessivo della produzione di mobili nel 2024 si è attestato a 471 miliardi di dollari, una cifra stabile rispetto al 2023 ma in calo rispetto al 2022. L’area Asia-Pacifico si conferma il principale traino per la produzione globale, mentre l’Europa continua a subire gli effetti della contrazione dei consumi, aggravata dalla forte inflazione degli ultimi anni.
Le vendite globali di mobili mostrano un leggero incremento, concentrato soprattutto negli Stati Uniti e in Asia. Al contrario, l’Europa fatica a recuperare terreno, penalizzata dalla scarsa domanda interna.
Nonostante il rallentamento, la Cina rimane saldamente il primo produttore ed esportatore mondiale di mobili. Il Paese copre un terzo delle esportazioni globali, pur mostrando segnali di rallentamento nella produzione. Seguono, a distanza, Vietnam, Polonia, Italia e Germania. Per quanto riguarda le importazioni, i principali mercati sono Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Francia e Canada, che insieme rappresentano quasi la metà del totale mondiale.
Un fenomeno rilevante è il crescente peso del commercio regionale nel settore dei mobili. Attualmente, circa il 60% del commercio avviene all’interno delle regioni economiche di appartenenza. In Europa, ad esempio, tre quarti delle esportazioni e importazioni di mobili si svolgono tra i Paesi dell’area. Anche in Asia e Nord America il commercio regionale è in crescita. Un aumento delle politiche protezionistiche, come ipotizzato per gli Stati Uniti, potrebbe rafforzare ulteriormente questa tendenza.
Guardando al futuro, il 2025 si prevede un anno di lieve ripresa, con un incremento dell’1,4% nei consumi globali di mobili in termini reali, sostenuto da una crescita del Pil mondiale stimata al 3,2% dal Fondo Monetario Internazionale. Tuttavia, le incertezze geopolitiche e i conflitti in corso rimangono fattori di rischio per il settore.