Il 20% delle strutture turistiche senza CIN

Una struttura turistica su cinque è senza CIN, con sanzioni fino a 8.000 €. Controlli intensificati in tutta Italia.

Il 20% delle strutture turistiche in Italia è privo del Codice Identificativo Nazionale (CIN), obbligatorio dal 1° gennaio 2025, secondo i dati del Ministero del Turismo. Ad oggi, su 575.573 strutture censite, solo 461.115 risultano registrate sulla piattaforma, lasciando 114.458 unità irregolari.

Le sanzioni per chi non si conforma sono severe, arrivando fino a 8.000 euro per chi è privo di CIN e da 500 a 5.000 euro per la mancata esposizione del codice. Altre multe riguardano l’assenza di requisiti di sicurezza, come estintori o rilevatori obbligatori, con cifre che possono arrivare a 6.000 euro.

Alcune regioni mostrano gravi lacune: Umbria e Friuli Venezia Giulia sono in coda, con solo il 58% delle strutture registrate, mentre la media nazionale si attesta intorno all’80%. Marche, Puglia, Abruzzo, Liguria, Calabria, Lazio e Piemonte risultano sotto la media, con 2 strutture su 5 non in regola. Al contrario, Basilicata e Valle d’Aosta si distinguono come le regioni più virtuose, rispettivamente con il 94% e il 90% di strutture regolari.

Il Ministro del Turismo, Daniela Santanchè, ha definito l’introduzione del CIN una “riforma epocale”, sottolineando come il processo, nonostante la complessità, stia già dando risultati. Con oltre 2.000 richieste giornaliere di registrazione, il ministero sta lavorando per regolarizzare il settore, pur riconoscendo che alcune strutture potrebbero non essere attive.

Nel frattempo, le autorità locali intensificano i controlli. Nella provincia di Chieti, le ispezioni hanno portato a multe e denunce per mancata comunicazione all’Autorità di Pubblica Sicurezza e altre irregolarità amministrative, con sanzioni complessive di 10.000 euro.

Sul fronte degli affitti brevi, la situazione si surriscalda. La “banda Robin Hood” ha sabotato locker e key box in città come Roma, criticando la gestione degli affitti brevi. Le associazioni di categoria denunciano attacchi vandalici e lanciano un appello al governo per proteggere un settore che genera 44 miliardi di indotto e dà lavoro a migliaia di famiglie.

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