Il settore della meccanica italiana affronta sfide cruciali: calo in edilizia, incertezze internazionali e focus su innovazione e lavoro.
Il 2025 si prospetta come un anno complesso e incerto per la meccanica italiana, settore rappresentato dalla Federazione Anima, che comprende 34 associazioni, 222mila addetti e un fatturato di oltre 55 miliardi di euro. Questo comparto chiude il 2024 con una leggera contrazione di un punto in valori correnti, che si traduce in un calo reale del 4%.
Secondo Pietro Almici, presidente di Anima, l’edilizia è il settore più colpito, con una riduzione della produzione reale vicina al 4% dopo il boom del 2023. Il rallentamento è legato soprattutto alla fine degli incentivi come il superbonus, che aveva dato slancio a ristrutturazioni e costruzioni. Altri settori, come energia, sicurezza, logistica e tecnologie alimentari, mostrano invece un andamento più stabile, con incrementi marginali.
Sul 2025 pesano fattori internazionali di grande incertezza, a partire dalla frenata economica della Germania, principale mercato di sbocco per la meccanica italiana. Le aziende stanno cercando alternative, come gli Stati Uniti, ma possibili dazi minacciati da Trump potrebbero complicare la situazione. Inoltre, le sanzioni verso la Russia stanno limitando l’export di prodotti dual use, come rubinetti e valvole, bloccando affari per circa 300 milioni di euro.
Anche il mercato del lavoro comincia a risentire della situazione, con un aumento delle richieste di Cassa Integrazione. Tuttavia, Almici sottolinea che le figure specializzate restano molto richieste, e le aziende faranno di tutto per trattenerle. L’attrattività del settore verso i giovani rimane però un nodo cruciale, così come la necessità di piani strutturali per la formazione e l’innovazione.
Un possibile rilancio potrebbe arrivare dal piano Transizione 5.0, che punta a sostenere le imprese con regole semplificate, ma i tempi stretti rischiano di ostacolare i risultati. Infine, Almici richiama l’attenzione sull’Europa, chiedendo una revisione dei tempi del Green Deal per permettere alle aziende di adeguarsi senza scossoni, evidenziando l’importanza delle scelte politiche future in Germania per le strategie dell’UE.