Nel periodo natalizio, gli italiani hanno speso circa 3,2 miliardi di euro per i pasti festivi, con 850 milioni destinati all’acquisto di pesce, soprattutto vongole e frutti di mare per i primi piatti, e orate e altri pesci per i secondi. Tuttavia, la domanda che molti si pongono è: quante delle specie consumate provengono da allevamenti marini o di acqua dolce? Oggi, la maggior parte del pesce che consumiamo è allevato. Secondo la FAO, nel 2022, per la prima volta, l’allevamento ha superato la pesca con ben 94,4 milioni di tonnellate di pesce allevato, pari al 51% del totale consumato nel mondo. L’Italia, come uno dei principali produttori europei, produce circa 55.000 tonnellate di pesce attraverso l’acquacoltura, generando oltre 400 milioni di euro. Tra le specie più comuni in Italia ci sono la trota, seguita da orate e spigole.
L’Italia è anche il secondo produttore mondiale di caviale di storione, con 65 tonnellate all’anno. Tuttavia, il settore dell’acquacoltura italiana sta affrontando alcune difficoltà. Nonostante la qualità dei prodotti italiani, i consumatori sono ancora più propensi a preferire il pesce pescato, spesso importato da lontano, anziché optare per pesce fresco e controllato proveniente dagli allevamenti locali. La Confagricoltura e l’Api (Associazione piscicoltori italiani) si stanno battendo per l’indicazione obbligatoria dell’origine del pesce, non solo nella grande distribuzione, ma anche nel canale Horeca, per favorire la valorizzazione dell’acquacoltura italiana, che offre standard di sicurezza alimentare elevati.
In Italia, l’acquacoltura si concentra principalmente al Nord, con il Trentino che rappresenta uno dei cuori pulsanti per la produzione di trote. Tuttavia, la burocrazia e le difficoltà fiscali rappresentano ostacoli per una crescita sostenibile del settore. In Europa e nel mondo, invece, l’acquacoltura cresce a ritmi più veloci, in particolare in paesi come la Cina. Nonostante le sfide, l’acquacoltura potrebbe rappresentare una risorsa strategica per l’Italia, non solo per la produzione di pesce, ma anche per l’occupazione e lo sviluppo delle zone costiere.